da Gio186 » 11/12/2018, 11:58
da teo90 » 11/12/2018, 12:10
da Topbowler » 11/12/2018, 13:40
Gio186 ha scritto:Secondo il Secolo XIX Prandelli dovrebbe proporre un modulo tra il 433 o 4312 rivalutando giocatori come Pandev e Medeiros. Vi risulta? Da possessore di entrambi mi interessa, soprattutto il portoghese che non mi dispiacerebbe recuperare essendo T nel Mantra
Dieguito ha scritto:
Premessa: non avendo Prandelli un trascorso al Genoa di alcun genere né avendo avuto un contatto diretto con i giocatori in questione, alle domande “Lazovic rimane titolare?” o “mica Romero finisce in panchina ora?” al momento non siamo in grado di rispondervi, e molto probabilmente non lo è neanche lo stesso Prandelli. Di seguito proviamo quindi a ripercorrere un po’ le tappe della carriera del nuovo tecnico rossoblù e ad immaginare - attraverso queste - cosa ci si possa aspettare nel prossimo futuro, con un’impostazione tendenzialmente generale basata sull’intera squadra. Iniziamo col dare una risposta alla domanda che sento e leggo da ieri sera: come giocano le squadre di Prandelli? Le informazioni che trovate di seguito sono frutto in (piccola) parte della memoria e in (gran) parte della ricerca di vario materiale a lui dedicato, chiaramente interpretato nell’ottica di questa nuova avventura sulla panchina del Genoa. Man mano che arriveranno notizie e dati (partita con la Spal di domani, allenamenti della prossima settimana) vi terremo aggiornati e proveremo ad entrare più nello specifico per quanto riguarda ogni singolo giocatore.
Nell’immaginario collettivo la figura di Prandelli è ad oggi comprensibilmente un po’ offuscata, complice il tanto tempo che è trascorso dall’ultima volta che il tecnico ha ricoperto il ruolo di allenatore sulla panchina di una squadra di Serie A. Complice forse anche un’esperienza con la Nazionale ricordata più per come è finita che per come si è svolta. Prandelli inizia la carriera da allenatore con le giovanili dell’Atalanta, continuando poi tra i professionisti con due stagioni al Verona tra Serie B e Serie A, altrettante al Venezia prima e al Parma poi. Infine la Fiorentina: cinque anni da ricordare sia per i risultati ottenuti che per il gioco espresso, in parte rovinati dalle penalizzazioni dell’era Calciopoli. L’esperienza in Nazionale e poi l’ultimo periodo (trascorso tra Galatasaray, Valencia e Al Nasr), che non è stato positivo ma neanche fortunato e merita forse un approfondimento per capire le ragioni del suo triplice fallimento dopo una carriera, fino a quel momento, a livelli considerevoli. Ci concentreremo appunto più sulla seconda parte della sua carriera (da Firenze in poi) poiché quella probabilmente più indicativa a livello tattico (e non solo) dell’attuale Prandelli.
LA FIORENTINA
A Firenze Prandelli ha lasciato sicuramente l’impronta maggiore, anche nel rapporto con la città in cui ha vissuto 5 anni. Fin da subito il tecnico ha messo in pratica quello che sarà il mantra tattico della sua carriera: adattare il modulo e lo stile di gioco alle caratteristiche dei giocatori a sua disposizione, e non il contrario. Era infatti partita all’insegna del 433 la sua esperienza sulla panchina viola, salvo poi ripiegare su un 442 che garantiva più compattezza e che si adattava anche maggiormente alle caratteristiche di due punte come Pazzini e Toni. Nel corso delle stagioni non sono mancate le sperimentazioni (nuovamente 433, ma anche 4231, 4132), con l’unica certezza derivante dalla difesa a 4, requisito che lo stesso tecnico ha più volte ritenuto fondamentale nella costruzione delle proprie squadre. Quella Fiorentina amava sfruttare le corsie esterne soprattutto in fase di impostazione di gioco, sfruttando l’azione dei terzini fino alla metà campo e favorendo poi la costruzione di diverse linee di passaggio (punta centrale, seconda punta, esterno alto dentro al campo, appoggio sul centrocampista centrale) per sviluppare la manovra nell’ultima parte di campo, con situazioni di gioco spesso studiate proprio per mettere ogni giocatore nelle condizioni migliori possibili per esprimere al meglio le proprie caratteristiche, cercando di sfruttare tutte le qualità di una rosa in alcune zone del campo e per certi aspetti senza dubbio carente (l’esempio eclatante è stato quello di Ujfalusi, centrale di difesa, adattato a terzino “bloccato” con ottimi risultati: lo stesso giocatore a distanza di anni ricorda Prandelli come l’allenatore migliore con cui ha avuto modo di confrontarsi nella sua carriera). Una dimostrazione della flessibilità delle richieste del tecnico è sicuramente il centrocampo, che ha visto interpreti molto diversi alternarsi nel corso delle stagioni, passando da Donadel, Felipe Melo e Kuzmanovic a Montolivo, Liverani e Bolatti. Chiaramente il modulo e l’impostazione tattica complessiva della squadra sono cambiate di conseguenza, permettendo a Prandelli di sfruttare muscoli o tecnica a seconda delle potenzialità della sua rosa. I buoni risultati ottenuti prima col Parma e poi con la Fiorentina gli sono valsi la chiamata in Nazionale.
Qualche formazione sparsa, a conferma delle numerose variazioni tattiche apportate alla squadra nel corso delle cinque stagioni a Firenze
LA NAZIONALE
La Nazionale ha rappresentato allo stesso tempo l’apice ed il punto di non ritorno di una carriera fino a quel momento estremamente positiva. Un banco di prova importante sia dal punto di vista tecnico-tattico, dato che come selezionatore ha avuto la possibilità di fare delle scelte mirate relativamente alle caratteristiche dei propri giocatori, sia dal punto di vista umano, per le tante (inevitabili, in Italia) pressioni che quel preciso ruolo comporta. Viene ricordato per l’uscita dell’Italia dai Mondiali 2014 nel girone con Inghilterra, Uruguay e Costa Rica - anche se, vedendo a che punto siamo oggi, è inevitabile chiedersi quanto quella sconfitta fosse commisurata alle potenzialità di quella Nazionale - ma non per il secondo posto ad Euro 2012: un risultato, se vogliamo, proporzionalmente più eclatante rispetto al primo. Sotto l’aspetto tattico Prandelli ha fatto un lavoro importante, raccogliendo le macerie di una squadra disunita sotto numerosi aspetti e amalgamandola in un sistema di gioco che ha visto varie interpretazioni e numerose (prima il centrocampo a Y col doppio play, poi il più equilibrato 4141 con cui l’Italia si è presentata ai Mondiali), ma che ha conservato nel tempo principi di gioco e compattezza difensiva. A differenza del periodo di Firenze, in cui aveva focalizzato l'attenzione sulle corsie laterali, con la Nazionale era partito col 4312 per sfruttare i tanti elementi di spessore a centrocampo (Verratti, Pirlo, De Rossi, Marchisio, Motta,…) finendo tuttavia per concedere agli avversari troppo spazio sulle fasce e per adattare forzatamente uno tra Verratti e Pirlo ad un ruolo, la mezzala, che proprio non gli si addiceva. Da qui la scelta di portare il trequartista qualche metro più indietro e di giocare con due registi in parallelo in una sorta di 4132 che è durato il tempo appunto della sperimentazione. La chiave della preparazione al Mondiale si è trovata in un 4141 che si trasformava facilmente il 343 incorporando il concetto della Salida Lavolpiana in fase di possesso, grazie all’arretramento tra i due centrali difensivi di De Rossi e all’allineamento dei terzini sulla linea del centrocampo. Questo schema permetteva di non rinunciare ai quattro centrocampisti e in particolare al lavoro di regia da parte di Pirlo e Verratti, di aumentare da 6 a 7 gli uomini preposti alla fase offensiva, di occupare stabilmente gli half-spaces grazie agli spostamenti verso l’interno di Marchisio e Candreva e a migliorare il sistema di coperture preventive con i 3 centrali di difesa.—>
Insomma: tanti esperimenti arditi, ma inseriti nel contesto di un processo tattico lineare che ha permesso alla squadra di trovare un buon compromesso tra il mantenimento dell’equilibrio in fase difensiva ed il tentativo di far valere la tecnica ed il palleggio in un Mondiale che si preannunciava - e si è poi dimostrato essere - fortemente incentrato sulla forza fisica. Il vero limite (mentale) di Prandelli si è palesato nel momento decisivo della spedizione Mondiale: dopo la vittoria con l’Inghilterra e il momentaneo svantaggio con la Costa Rica nella seconda gara del girone, Prandelli è tornato sui suoi passi rilanciando un 352 troppo sterile e troppo tradizionale per mettere in difficoltà la Costa Rica prima e l’Uruguay poi, con i risultati che tutti conosciamo. La pressione dei media e dell’intera Nazione hanno inevitabilmente condizionato la decisione del ct anche alla vigilia della gara decisiva per le sorti del girone e Prandelli ha avuto proprio la colpa di cedere alle pressioni esterne e non credere in un progetto che fino a quel momento lo aveva sicuramente ripagato degli sforzi fatti. Un errore mentale prima che tecnico, un atteggiamento troppo conservativo su cui hanno senza dubbio influito l’importanza e la portata della sua decisione. Per quanto quest’ultima si sia rivelata essere sbagliata, è tuttavia innegabile il lavoro fatto nei quattro anni alla guida della Nazionale da parte del tecnico, forse ancora più apprezzabile alla luce delle più recenti esperienze sulla panchina azzurra dei suoi successori.
I FALLIMENTI: Galatasaray, Valencia, Al Nasr
Nell'ordine: Galatasaray, Valencia e Al Nasr. Degli incarichi che lui stesso ammette non avrebbe dovuto accettare. I turchi e gli arabi erano riusciti a convincerlo con la promessa di un progetto tecnico che in un certo senso andasse oltre il ruolo dell'allenatore, il Valencia con la sfida di ricostruire una squadra in grossa difficoltà tecnica e societaria. Sedotto e abbandonato dalla proprietà del Galatasaray - col magnate dimissionario poco dopo il suo arrivo - e da quella dell'Al Nasr - che attualmente sta ottenendo risultati peggiori rispetto al periodo in cui c'era lui sulla panchina -, al Valencia ad abbandonarlo sono stati invece i giocatori, che ormai non si presentavano nemmeno più agli allenamenti. In un clima per certi versi surreale e dopo la diatriba relativa all'arrivo-non arrivo di Zaza, sono arrivate anche le sue inevitabili dimissioni. Cosa non ha funzionato in queste tre esperienze? Di sicuro non ha aiutato la completa assenza della società una volta coinvolto Prandelli nel progetto tecnico, il motivo per il quale aveva di fatto accettato l'incarico. Ha fatto indubbiamente la sua parte anche la scarsa conoscenza di campionati diversi dal nostro sia dal punto di vista tattico che più semplicemente quotidiano, a partire dagli allenamenti finendo per la lingua straniera. Per questo adesso era alla ricerca di una panchina in Italia con cui potersi rilanciare ad alti livelli.
IL GENOA
È chiaro che accettare il Genoa - che in Italia è la squadra senza-progetto per antonomasia - significa dare effettivamente una svolta in questo senso. È una scelta in un certo anche sensata perchè succedere a Juric in questo momento significa avere comunque un certo margine di errore ed un certo lasso di tempo prima di finire ipoteticamente a processo. La rosa d'altronde c'è e se la confrontiamo con quella della passata stagione, per esempio, non è affatto male: la base tecnica per riportare il Genoa fuori dalla zona retrocessione in questa stagione non manca. Per questo il lavoro forse più importante che Prandelli dovrà fare sarà quello sulla testa dei giocatori, che finora hanno mostrato troppe amnesie e fragilità mentali (due espulsioni, un autogol e un'imbarcata in sei partite). In un certo senso dal punto di vista tattico, invece, non serviranno dei miracoli: forse solo un po’ di buonsenso che finora nè Ballardini (che non è mai riuscito a trovare l’adeguato equilibrio difensivo), nè Juric (che si è limitato a eseguire i dettami del Presidente) hanno messo in pratica. Per quanto è probabile che ci si discosti dal 352 attuale, è altrettanto probabile che non ci si inventi nulla di particolarmente nuovo dal punto di vista tattico e che anzi si punti su un modulo che garantisca una corretta occupazione degli spazi e al contempo una buona solidità difensiva in fase di non possesso. Ovviamente toccherà attendere qualche indicazione dallo stesso Prandelli in questo senso poichè le opzioni varate in carriera dal tecnico come detto sono state numerose e in un certo senso si adattano tutte abbastanza bene alla rosa attuale. Dalla gara di domani, con appena un paio di allenamenti alle spalle, è difficile che si possa già rivoluzionare la squadra dal punto di vista tattico, mentre qualche accorgimento sulle singole situazioni di gara (pressing, difesa posizionale, contropiedi) è lecito aspettarselo. Le ipotesi sono diverse: si parla molto del 433/451, ma ci sono anche il 442 - forse più razionale nel coprire il campo e, con interpreti simili a quelli della sua prima stagione alla Fiorentina, potrebbe essere la scelta ideale - e il 4312, che rimangono opzioni tutto sommato valide. La sensazione è che due possano essere gli aghi della bilancia per quanto riguarda la scelta del modulo: innanzitutto il ruolo di Pandev, che per stessa ammissione di Prandelli potrebbe tornare ad essere un po' più coinvolto nel progetto tecnico, il che significherebbe puntare con ogni probabilità sul 4312 ; molto poi dipenderà dalla posizione che Prandelli vorrà far ricoprire a Kouamè: al centro dell’attacco vicino a Piatek (442, 4312) per avere più presenza in area e fornire un’opzione in più in uscita dalla difesa - finora il suo lavoro sulle palle alte ad esempio è stato fondamentale - o spostato sulla fascia (433) per sfruttare le sue doti atletiche e lasciare più spazio a Piatek nella zona centrale del campo. Considerando anche le esperienze passate, è probabile che venga fatto anche più di un tentativo per trovare l’assetto ideale e che non bastino quindi un paio di giornate per parlare con sicurezza in ottica futura.
Come detto, per parlare degli uomini (e più approfonditamente anche degli schemi) ci sarà modo quando arriverà qualche notizia più concreta, con i possessori di Criscito, Biraschi, Romulo, Sandro, Kouamè e Piatek che possono comunque già stare ragionevolmente tranquilli. Nel corso della conferenza stampa di presentazione, per quanto riguarda i singoli, Prandelli ha tenuto a sottolineare l'importanza di Piatek e la necessità di sfruttare il più possibile le sue doti realizzative in fase offensiva:
"Non bisogna essere troppo dogmatici sui sistemi di gioco ma cercare di valorizzare i capitali che hai. Noi abbiamo il capocannoniere della Serie A e dobbiamo per forza di cose sfruttare questo capitale che è immenso. Dobbiamo avere un'organizzazione ma non essere dogmatici. Serve la capacità nel corso della partita di leggere le situazioni"
...e l'unione di intenti con Criscito e Pandev, il due leader carismatici della rosa del Grifone:
"Ho parlato con il capitano, con Pandev e abbiamo capito che assieme possiamo fare delle cose importanti e per me loro sono riferimenti importanti dentro e fuori dal campo"
Questa versione integrale della conferenza stampa:
A proposito di Günter e Criscito, già allenati al Galatasaray uno e in Nazionale l’altro, queste sono state le parole di Prandelli in un’intervista di settembre a pianetagenoa1893:
Prandelli, lei ha allenato per qualche mese Koray Günter al Galatasaray. Ci parla delle sue qualità umane?
«Un bravo ragazzo, molto serio, che ha sempre ambìto al miglioramento personale. Koray ha delle qualità importanti e sono certo che una squadra come il Genoa lo aiuterà a capire il calcio vero, quello strutturato sul lavoro quotidiano. Il Grifone ha fatto un grande acquisto in prospettiva»
Günter può rimpiazzare Izzo?
«Premetto che ho allenato Koray quattro anni fa: in questo periodo sono sicuro che ha fatto dei progressi. Il tedesco assomiglia a Izzo come stile di gioco, forse è un pò più preparato tatticamente. Sicuramente non è un difensore lento con la palla al piede»
Meglio in una difesa a tre o a quattro?
«É un falso problema. Davide Ballardini è un allenatore molto bravo a insegnare il calcio, sono certo che farà crescere Günter nel modo migliore»
Prandelli, lei è stato l’ultimo CT ad aver convocato Criscito in Nazionale…
«Sono felicissimo del ritorno di Mimmo in Azzurro. Se lo merita perché ha grandi qualità umane e tattiche. Inoltre Mancini lo apprezza avendolo avuto allo Zenit»
da Gio186 » 11/12/2018, 14:17
Topbowler ha scritto:Gio186 ha scritto:Secondo il Secolo XIX Prandelli dovrebbe proporre un modulo tra il 433 o 4312 rivalutando giocatori come Pandev e Medeiros. Vi risulta? Da possessore di entrambi mi interessa, soprattutto il portoghese che non mi dispiacerebbe recuperare essendo T nel Mantra
Il fenomeno esperto Dieguito dopo una analisi del genere a pagina 157 merita di essere lettoSpoiler:Dieguito ha scritto:
Premessa: non avendo Prandelli un trascorso al Genoa di alcun genere né avendo avuto un contatto diretto con i giocatori in questione, alle domande “Lazovic rimane titolare?” o “mica Romero finisce in panchina ora?” al momento non siamo in grado di rispondervi, e molto probabilmente non lo è neanche lo stesso Prandelli. Di seguito proviamo quindi a ripercorrere un po’ le tappe della carriera del nuovo tecnico rossoblù e ad immaginare - attraverso queste - cosa ci si possa aspettare nel prossimo futuro, con un’impostazione tendenzialmente generale basata sull’intera squadra. Iniziamo col dare una risposta alla domanda che sento e leggo da ieri sera: come giocano le squadre di Prandelli? Le informazioni che trovate di seguito sono frutto in (piccola) parte della memoria e in (gran) parte della ricerca di vario materiale a lui dedicato, chiaramente interpretato nell’ottica di questa nuova avventura sulla panchina del Genoa. Man mano che arriveranno notizie e dati (partita con la Spal di domani, allenamenti della prossima settimana) vi terremo aggiornati e proveremo ad entrare più nello specifico per quanto riguarda ogni singolo giocatore.
Nell’immaginario collettivo la figura di Prandelli è ad oggi comprensibilmente un po’ offuscata, complice il tanto tempo che è trascorso dall’ultima volta che il tecnico ha ricoperto il ruolo di allenatore sulla panchina di una squadra di Serie A. Complice forse anche un’esperienza con la Nazionale ricordata più per come è finita che per come si è svolta. Prandelli inizia la carriera da allenatore con le giovanili dell’Atalanta, continuando poi tra i professionisti con due stagioni al Verona tra Serie B e Serie A, altrettante al Venezia prima e al Parma poi. Infine la Fiorentina: cinque anni da ricordare sia per i risultati ottenuti che per il gioco espresso, in parte rovinati dalle penalizzazioni dell’era Calciopoli. L’esperienza in Nazionale e poi l’ultimo periodo (trascorso tra Galatasaray, Valencia e Al Nasr), che non è stato positivo ma neanche fortunato e merita forse un approfondimento per capire le ragioni del suo triplice fallimento dopo una carriera, fino a quel momento, a livelli considerevoli. Ci concentreremo appunto più sulla seconda parte della sua carriera (da Firenze in poi) poiché quella probabilmente più indicativa a livello tattico (e non solo) dell’attuale Prandelli.
LA FIORENTINA
A Firenze Prandelli ha lasciato sicuramente l’impronta maggiore, anche nel rapporto con la città in cui ha vissuto 5 anni. Fin da subito il tecnico ha messo in pratica quello che sarà il mantra tattico della sua carriera: adattare il modulo e lo stile di gioco alle caratteristiche dei giocatori a sua disposizione, e non il contrario. Era infatti partita all’insegna del 433 la sua esperienza sulla panchina viola, salvo poi ripiegare su un 442 che garantiva più compattezza e che si adattava anche maggiormente alle caratteristiche di due punte come Pazzini e Toni. Nel corso delle stagioni non sono mancate le sperimentazioni (nuovamente 433, ma anche 4231, 4132), con l’unica certezza derivante dalla difesa a 4, requisito che lo stesso tecnico ha più volte ritenuto fondamentale nella costruzione delle proprie squadre. Quella Fiorentina amava sfruttare le corsie esterne soprattutto in fase di impostazione di gioco, sfruttando l’azione dei terzini fino alla metà campo e favorendo poi la costruzione di diverse linee di passaggio (punta centrale, seconda punta, esterno alto dentro al campo, appoggio sul centrocampista centrale) per sviluppare la manovra nell’ultima parte di campo, con situazioni di gioco spesso studiate proprio per mettere ogni giocatore nelle condizioni migliori possibili per esprimere al meglio le proprie caratteristiche, cercando di sfruttare tutte le qualità di una rosa in alcune zone del campo e per certi aspetti senza dubbio carente (l’esempio eclatante è stato quello di Ujfalusi, centrale di difesa, adattato a terzino “bloccato” con ottimi risultati: lo stesso giocatore a distanza di anni ricorda Prandelli come l’allenatore migliore con cui ha avuto modo di confrontarsi nella sua carriera). Una dimostrazione della flessibilità delle richieste del tecnico è sicuramente il centrocampo, che ha visto interpreti molto diversi alternarsi nel corso delle stagioni, passando da Donadel, Felipe Melo e Kuzmanovic a Montolivo, Liverani e Bolatti. Chiaramente il modulo e l’impostazione tattica complessiva della squadra sono cambiate di conseguenza, permettendo a Prandelli di sfruttare muscoli o tecnica a seconda delle potenzialità della sua rosa. I buoni risultati ottenuti prima col Parma e poi con la Fiorentina gli sono valsi la chiamata in Nazionale.
Qualche formazione sparsa, a conferma delle numerose variazioni tattiche apportate alla squadra nel corso delle cinque stagioni a Firenze
LA NAZIONALE
La Nazionale ha rappresentato allo stesso tempo l’apice ed il punto di non ritorno di una carriera fino a quel momento estremamente positiva. Un banco di prova importante sia dal punto di vista tecnico-tattico, dato che come selezionatore ha avuto la possibilità di fare delle scelte mirate relativamente alle caratteristiche dei propri giocatori, sia dal punto di vista umano, per le tante (inevitabili, in Italia) pressioni che quel preciso ruolo comporta. Viene ricordato per l’uscita dell’Italia dai Mondiali 2014 nel girone con Inghilterra, Uruguay e Costa Rica - anche se, vedendo a che punto siamo oggi, è inevitabile chiedersi quanto quella sconfitta fosse commisurata alle potenzialità di quella Nazionale - ma non per il secondo posto ad Euro 2012: un risultato, se vogliamo, proporzionalmente più eclatante rispetto al primo. Sotto l’aspetto tattico Prandelli ha fatto un lavoro importante, raccogliendo le macerie di una squadra disunita sotto numerosi aspetti e amalgamandola in un sistema di gioco che ha visto varie interpretazioni e numerose (prima il centrocampo a Y col doppio play, poi il più equilibrato 4141 con cui l’Italia si è presentata ai Mondiali), ma che ha conservato nel tempo principi di gioco e compattezza difensiva. A differenza del periodo di Firenze, in cui aveva focalizzato l'attenzione sulle corsie laterali, con la Nazionale era partito col 4312 per sfruttare i tanti elementi di spessore a centrocampo (Verratti, Pirlo, De Rossi, Marchisio, Motta,…) finendo tuttavia per concedere agli avversari troppo spazio sulle fasce e per adattare forzatamente uno tra Verratti e Pirlo ad un ruolo, la mezzala, che proprio non gli si addiceva. Da qui la scelta di portare il trequartista qualche metro più indietro e di giocare con due registi in parallelo in una sorta di 4132 che è durato il tempo appunto della sperimentazione. La chiave della preparazione al Mondiale si è trovata in un 4141 che si trasformava facilmente il 343 incorporando il concetto della Salida Lavolpiana in fase di possesso, grazie all’arretramento tra i due centrali difensivi di De Rossi e all’allineamento dei terzini sulla linea del centrocampo. Questo schema permetteva di non rinunciare ai quattro centrocampisti e in particolare al lavoro di regia da parte di Pirlo e Verratti, di aumentare da 6 a 7 gli uomini preposti alla fase offensiva, di occupare stabilmente gli half-spaces grazie agli spostamenti verso l’interno di Marchisio e Candreva e a migliorare il sistema di coperture preventive con i 3 centrali di difesa.—>
Insomma: tanti esperimenti arditi, ma inseriti nel contesto di un processo tattico lineare che ha permesso alla squadra di trovare un buon compromesso tra il mantenimento dell’equilibrio in fase difensiva ed il tentativo di far valere la tecnica ed il palleggio in un Mondiale che si preannunciava - e si è poi dimostrato essere - fortemente incentrato sulla forza fisica. Il vero limite (mentale) di Prandelli si è palesato nel momento decisivo della spedizione Mondiale: dopo la vittoria con l’Inghilterra e il momentaneo svantaggio con la Costa Rica nella seconda gara del girone, Prandelli è tornato sui suoi passi rilanciando un 352 troppo sterile e troppo tradizionale per mettere in difficoltà la Costa Rica prima e l’Uruguay poi, con i risultati che tutti conosciamo. La pressione dei media e dell’intera Nazione hanno inevitabilmente condizionato la decisione del ct anche alla vigilia della gara decisiva per le sorti del girone e Prandelli ha avuto proprio la colpa di cedere alle pressioni esterne e non credere in un progetto che fino a quel momento lo aveva sicuramente ripagato degli sforzi fatti. Un errore mentale prima che tecnico, un atteggiamento troppo conservativo su cui hanno senza dubbio influito l’importanza e la portata della sua decisione. Per quanto quest’ultima si sia rivelata essere sbagliata, è tuttavia innegabile il lavoro fatto nei quattro anni alla guida della Nazionale da parte del tecnico, forse ancora più apprezzabile alla luce delle più recenti esperienze sulla panchina azzurra dei suoi successori.
I FALLIMENTI: Galatasaray, Valencia, Al Nasr
Nell'ordine: Galatasaray, Valencia e Al Nasr. Degli incarichi che lui stesso ammette non avrebbe dovuto accettare. I turchi e gli arabi erano riusciti a convincerlo con la promessa di un progetto tecnico che in un certo senso andasse oltre il ruolo dell'allenatore, il Valencia con la sfida di ricostruire una squadra in grossa difficoltà tecnica e societaria. Sedotto e abbandonato dalla proprietà del Galatasaray - col magnate dimissionario poco dopo il suo arrivo - e da quella dell'Al Nasr - che attualmente sta ottenendo risultati peggiori rispetto al periodo in cui c'era lui sulla panchina -, al Valencia ad abbandonarlo sono stati invece i giocatori, che ormai non si presentavano nemmeno più agli allenamenti. In un clima per certi versi surreale e dopo la diatriba relativa all'arrivo-non arrivo di Zaza, sono arrivate anche le sue inevitabili dimissioni. Cosa non ha funzionato in queste tre esperienze? Di sicuro non ha aiutato la completa assenza della società una volta coinvolto Prandelli nel progetto tecnico, il motivo per il quale aveva di fatto accettato l'incarico. Ha fatto indubbiamente la sua parte anche la scarsa conoscenza di campionati diversi dal nostro sia dal punto di vista tattico che più semplicemente quotidiano, a partire dagli allenamenti finendo per la lingua straniera. Per questo adesso era alla ricerca di una panchina in Italia con cui potersi rilanciare ad alti livelli.
IL GENOA
È chiaro che accettare il Genoa - che in Italia è la squadra senza-progetto per antonomasia - significa dare effettivamente una svolta in questo senso. È una scelta in un certo anche sensata perchè succedere a Juric in questo momento significa avere comunque un certo margine di errore ed un certo lasso di tempo prima di finire ipoteticamente a processo. La rosa d'altronde c'è e se la confrontiamo con quella della passata stagione, per esempio, non è affatto male: la base tecnica per riportare il Genoa fuori dalla zona retrocessione in questa stagione non manca. Per questo il lavoro forse più importante che Prandelli dovrà fare sarà quello sulla testa dei giocatori, che finora hanno mostrato troppe amnesie e fragilità mentali (due espulsioni, un autogol e un'imbarcata in sei partite). In un certo senso dal punto di vista tattico, invece, non serviranno dei miracoli: forse solo un po’ di buonsenso che finora nè Ballardini (che non è mai riuscito a trovare l’adeguato equilibrio difensivo), nè Juric (che si è limitato a eseguire i dettami del Presidente) hanno messo in pratica. Per quanto è probabile che ci si discosti dal 352 attuale, è altrettanto probabile che non ci si inventi nulla di particolarmente nuovo dal punto di vista tattico e che anzi si punti su un modulo che garantisca una corretta occupazione degli spazi e al contempo una buona solidità difensiva in fase di non possesso. Ovviamente toccherà attendere qualche indicazione dallo stesso Prandelli in questo senso poichè le opzioni varate in carriera dal tecnico come detto sono state numerose e in un certo senso si adattano tutte abbastanza bene alla rosa attuale. Dalla gara di domani, con appena un paio di allenamenti alle spalle, è difficile che si possa già rivoluzionare la squadra dal punto di vista tattico, mentre qualche accorgimento sulle singole situazioni di gara (pressing, difesa posizionale, contropiedi) è lecito aspettarselo. Le ipotesi sono diverse: si parla molto del 433/451, ma ci sono anche il 442 - forse più razionale nel coprire il campo e, con interpreti simili a quelli della sua prima stagione alla Fiorentina, potrebbe essere la scelta ideale - e il 4312, che rimangono opzioni tutto sommato valide. La sensazione è che due possano essere gli aghi della bilancia per quanto riguarda la scelta del modulo: innanzitutto il ruolo di Pandev, che per stessa ammissione di Prandelli potrebbe tornare ad essere un po' più coinvolto nel progetto tecnico, il che significherebbe puntare con ogni probabilità sul 4312 ; molto poi dipenderà dalla posizione che Prandelli vorrà far ricoprire a Kouamè: al centro dell’attacco vicino a Piatek (442, 4312) per avere più presenza in area e fornire un’opzione in più in uscita dalla difesa - finora il suo lavoro sulle palle alte ad esempio è stato fondamentale - o spostato sulla fascia (433) per sfruttare le sue doti atletiche e lasciare più spazio a Piatek nella zona centrale del campo. Considerando anche le esperienze passate, è probabile che venga fatto anche più di un tentativo per trovare l’assetto ideale e che non bastino quindi un paio di giornate per parlare con sicurezza in ottica futura.
Come detto, per parlare degli uomini (e più approfonditamente anche degli schemi) ci sarà modo quando arriverà qualche notizia più concreta, con i possessori di Criscito, Biraschi, Romulo, Sandro, Kouamè e Piatek che possono comunque già stare ragionevolmente tranquilli. Nel corso della conferenza stampa di presentazione, per quanto riguarda i singoli, Prandelli ha tenuto a sottolineare l'importanza di Piatek e la necessità di sfruttare il più possibile le sue doti realizzative in fase offensiva:
"Non bisogna essere troppo dogmatici sui sistemi di gioco ma cercare di valorizzare i capitali che hai. Noi abbiamo il capocannoniere della Serie A e dobbiamo per forza di cose sfruttare questo capitale che è immenso. Dobbiamo avere un'organizzazione ma non essere dogmatici. Serve la capacità nel corso della partita di leggere le situazioni"
...e l'unione di intenti con Criscito e Pandev, il due leader carismatici della rosa del Grifone:
"Ho parlato con il capitano, con Pandev e abbiamo capito che assieme possiamo fare delle cose importanti e per me loro sono riferimenti importanti dentro e fuori dal campo"
Questa versione integrale della conferenza stampa:
A proposito di Günter e Criscito, già allenati al Galatasaray uno e in Nazionale l’altro, queste sono state le parole di Prandelli in un’intervista di settembre a pianetagenoa1893:
Prandelli, lei ha allenato per qualche mese Koray Günter al Galatasaray. Ci parla delle sue qualità umane?
«Un bravo ragazzo, molto serio, che ha sempre ambìto al miglioramento personale. Koray ha delle qualità importanti e sono certo che una squadra come il Genoa lo aiuterà a capire il calcio vero, quello strutturato sul lavoro quotidiano. Il Grifone ha fatto un grande acquisto in prospettiva»
Günter può rimpiazzare Izzo?
«Premetto che ho allenato Koray quattro anni fa: in questo periodo sono sicuro che ha fatto dei progressi. Il tedesco assomiglia a Izzo come stile di gioco, forse è un pò più preparato tatticamente. Sicuramente non è un difensore lento con la palla al piede»
Meglio in una difesa a tre o a quattro?
«É un falso problema. Davide Ballardini è un allenatore molto bravo a insegnare il calcio, sono certo che farà crescere Günter nel modo migliore»
Prandelli, lei è stato l’ultimo CT ad aver convocato Criscito in Nazionale…
«Sono felicissimo del ritorno di Mimmo in Azzurro. Se lo merita perché ha grandi qualità umane e tattiche. Inoltre Mancini lo apprezza avendolo avuto allo Zenit»
da Alb3rTo » 11/12/2018, 14:29
da kein79 » 11/12/2018, 14:37
da Dieguito » 11/12/2018, 14:43
Gio186 ha scritto:Topbowler ha scritto:Gio186 ha scritto:Secondo il Secolo XIX Prandelli dovrebbe proporre un modulo tra il 433 o 4312 rivalutando giocatori come Pandev e Medeiros. Vi risulta? Da possessore di entrambi mi interessa, soprattutto il portoghese che non mi dispiacerebbe recuperare essendo T nel Mantra
Il fenomeno esperto Dieguito dopo una analisi del genere a pagina 157 merita di essere lettoSpoiler:Dieguito ha scritto:
Premessa: non avendo Prandelli un trascorso al Genoa di alcun genere né avendo avuto un contatto diretto con i giocatori in questione, alle domande “Lazovic rimane titolare?” o “mica Romero finisce in panchina ora?” al momento non siamo in grado di rispondervi, e molto probabilmente non lo è neanche lo stesso Prandelli. Di seguito proviamo quindi a ripercorrere un po’ le tappe della carriera del nuovo tecnico rossoblù e ad immaginare - attraverso queste - cosa ci si possa aspettare nel prossimo futuro, con un’impostazione tendenzialmente generale basata sull’intera squadra. Iniziamo col dare una risposta alla domanda che sento e leggo da ieri sera: come giocano le squadre di Prandelli? Le informazioni che trovate di seguito sono frutto in (piccola) parte della memoria e in (gran) parte della ricerca di vario materiale a lui dedicato, chiaramente interpretato nell’ottica di questa nuova avventura sulla panchina del Genoa. Man mano che arriveranno notizie e dati (partita con la Spal di domani, allenamenti della prossima settimana) vi terremo aggiornati e proveremo ad entrare più nello specifico per quanto riguarda ogni singolo giocatore.
Nell’immaginario collettivo la figura di Prandelli è ad oggi comprensibilmente un po’ offuscata, complice il tanto tempo che è trascorso dall’ultima volta che il tecnico ha ricoperto il ruolo di allenatore sulla panchina di una squadra di Serie A. Complice forse anche un’esperienza con la Nazionale ricordata più per come è finita che per come si è svolta. Prandelli inizia la carriera da allenatore con le giovanili dell’Atalanta, continuando poi tra i professionisti con due stagioni al Verona tra Serie B e Serie A, altrettante al Venezia prima e al Parma poi. Infine la Fiorentina: cinque anni da ricordare sia per i risultati ottenuti che per il gioco espresso, in parte rovinati dalle penalizzazioni dell’era Calciopoli. L’esperienza in Nazionale e poi l’ultimo periodo (trascorso tra Galatasaray, Valencia e Al Nasr), che non è stato positivo ma neanche fortunato e merita forse un approfondimento per capire le ragioni del suo triplice fallimento dopo una carriera, fino a quel momento, a livelli considerevoli. Ci concentreremo appunto più sulla seconda parte della sua carriera (da Firenze in poi) poiché quella probabilmente più indicativa a livello tattico (e non solo) dell’attuale Prandelli.
LA FIORENTINA
A Firenze Prandelli ha lasciato sicuramente l’impronta maggiore, anche nel rapporto con la città in cui ha vissuto 5 anni. Fin da subito il tecnico ha messo in pratica quello che sarà il mantra tattico della sua carriera: adattare il modulo e lo stile di gioco alle caratteristiche dei giocatori a sua disposizione, e non il contrario. Era infatti partita all’insegna del 433 la sua esperienza sulla panchina viola, salvo poi ripiegare su un 442 che garantiva più compattezza e che si adattava anche maggiormente alle caratteristiche di due punte come Pazzini e Toni. Nel corso delle stagioni non sono mancate le sperimentazioni (nuovamente 433, ma anche 4231, 4132), con l’unica certezza derivante dalla difesa a 4, requisito che lo stesso tecnico ha più volte ritenuto fondamentale nella costruzione delle proprie squadre. Quella Fiorentina amava sfruttare le corsie esterne soprattutto in fase di impostazione di gioco, sfruttando l’azione dei terzini fino alla metà campo e favorendo poi la costruzione di diverse linee di passaggio (punta centrale, seconda punta, esterno alto dentro al campo, appoggio sul centrocampista centrale) per sviluppare la manovra nell’ultima parte di campo, con situazioni di gioco spesso studiate proprio per mettere ogni giocatore nelle condizioni migliori possibili per esprimere al meglio le proprie caratteristiche, cercando di sfruttare tutte le qualità di una rosa in alcune zone del campo e per certi aspetti senza dubbio carente (l’esempio eclatante è stato quello di Ujfalusi, centrale di difesa, adattato a terzino “bloccato” con ottimi risultati: lo stesso giocatore a distanza di anni ricorda Prandelli come l’allenatore migliore con cui ha avuto modo di confrontarsi nella sua carriera). Una dimostrazione della flessibilità delle richieste del tecnico è sicuramente il centrocampo, che ha visto interpreti molto diversi alternarsi nel corso delle stagioni, passando da Donadel, Felipe Melo e Kuzmanovic a Montolivo, Liverani e Bolatti. Chiaramente il modulo e l’impostazione tattica complessiva della squadra sono cambiate di conseguenza, permettendo a Prandelli di sfruttare muscoli o tecnica a seconda delle potenzialità della sua rosa. I buoni risultati ottenuti prima col Parma e poi con la Fiorentina gli sono valsi la chiamata in Nazionale.
Qualche formazione sparsa, a conferma delle numerose variazioni tattiche apportate alla squadra nel corso delle cinque stagioni a Firenze
LA NAZIONALE
La Nazionale ha rappresentato allo stesso tempo l’apice ed il punto di non ritorno di una carriera fino a quel momento estremamente positiva. Un banco di prova importante sia dal punto di vista tecnico-tattico, dato che come selezionatore ha avuto la possibilità di fare delle scelte mirate relativamente alle caratteristiche dei propri giocatori, sia dal punto di vista umano, per le tante (inevitabili, in Italia) pressioni che quel preciso ruolo comporta. Viene ricordato per l’uscita dell’Italia dai Mondiali 2014 nel girone con Inghilterra, Uruguay e Costa Rica - anche se, vedendo a che punto siamo oggi, è inevitabile chiedersi quanto quella sconfitta fosse commisurata alle potenzialità di quella Nazionale - ma non per il secondo posto ad Euro 2012: un risultato, se vogliamo, proporzionalmente più eclatante rispetto al primo. Sotto l’aspetto tattico Prandelli ha fatto un lavoro importante, raccogliendo le macerie di una squadra disunita sotto numerosi aspetti e amalgamandola in un sistema di gioco che ha visto varie interpretazioni e numerose (prima il centrocampo a Y col doppio play, poi il più equilibrato 4141 con cui l’Italia si è presentata ai Mondiali), ma che ha conservato nel tempo principi di gioco e compattezza difensiva. A differenza del periodo di Firenze, in cui aveva focalizzato l'attenzione sulle corsie laterali, con la Nazionale era partito col 4312 per sfruttare i tanti elementi di spessore a centrocampo (Verratti, Pirlo, De Rossi, Marchisio, Motta,…) finendo tuttavia per concedere agli avversari troppo spazio sulle fasce e per adattare forzatamente uno tra Verratti e Pirlo ad un ruolo, la mezzala, che proprio non gli si addiceva. Da qui la scelta di portare il trequartista qualche metro più indietro e di giocare con due registi in parallelo in una sorta di 4132 che è durato il tempo appunto della sperimentazione. La chiave della preparazione al Mondiale si è trovata in un 4141 che si trasformava facilmente il 343 incorporando il concetto della Salida Lavolpiana in fase di possesso, grazie all’arretramento tra i due centrali difensivi di De Rossi e all’allineamento dei terzini sulla linea del centrocampo. Questo schema permetteva di non rinunciare ai quattro centrocampisti e in particolare al lavoro di regia da parte di Pirlo e Verratti, di aumentare da 6 a 7 gli uomini preposti alla fase offensiva, di occupare stabilmente gli half-spaces grazie agli spostamenti verso l’interno di Marchisio e Candreva e a migliorare il sistema di coperture preventive con i 3 centrali di difesa.—>
Insomma: tanti esperimenti arditi, ma inseriti nel contesto di un processo tattico lineare che ha permesso alla squadra di trovare un buon compromesso tra il mantenimento dell’equilibrio in fase difensiva ed il tentativo di far valere la tecnica ed il palleggio in un Mondiale che si preannunciava - e si è poi dimostrato essere - fortemente incentrato sulla forza fisica. Il vero limite (mentale) di Prandelli si è palesato nel momento decisivo della spedizione Mondiale: dopo la vittoria con l’Inghilterra e il momentaneo svantaggio con la Costa Rica nella seconda gara del girone, Prandelli è tornato sui suoi passi rilanciando un 352 troppo sterile e troppo tradizionale per mettere in difficoltà la Costa Rica prima e l’Uruguay poi, con i risultati che tutti conosciamo. La pressione dei media e dell’intera Nazione hanno inevitabilmente condizionato la decisione del ct anche alla vigilia della gara decisiva per le sorti del girone e Prandelli ha avuto proprio la colpa di cedere alle pressioni esterne e non credere in un progetto che fino a quel momento lo aveva sicuramente ripagato degli sforzi fatti. Un errore mentale prima che tecnico, un atteggiamento troppo conservativo su cui hanno senza dubbio influito l’importanza e la portata della sua decisione. Per quanto quest’ultima si sia rivelata essere sbagliata, è tuttavia innegabile il lavoro fatto nei quattro anni alla guida della Nazionale da parte del tecnico, forse ancora più apprezzabile alla luce delle più recenti esperienze sulla panchina azzurra dei suoi successori.
I FALLIMENTI: Galatasaray, Valencia, Al Nasr
Nell'ordine: Galatasaray, Valencia e Al Nasr. Degli incarichi che lui stesso ammette non avrebbe dovuto accettare. I turchi e gli arabi erano riusciti a convincerlo con la promessa di un progetto tecnico che in un certo senso andasse oltre il ruolo dell'allenatore, il Valencia con la sfida di ricostruire una squadra in grossa difficoltà tecnica e societaria. Sedotto e abbandonato dalla proprietà del Galatasaray - col magnate dimissionario poco dopo il suo arrivo - e da quella dell'Al Nasr - che attualmente sta ottenendo risultati peggiori rispetto al periodo in cui c'era lui sulla panchina -, al Valencia ad abbandonarlo sono stati invece i giocatori, che ormai non si presentavano nemmeno più agli allenamenti. In un clima per certi versi surreale e dopo la diatriba relativa all'arrivo-non arrivo di Zaza, sono arrivate anche le sue inevitabili dimissioni. Cosa non ha funzionato in queste tre esperienze? Di sicuro non ha aiutato la completa assenza della società una volta coinvolto Prandelli nel progetto tecnico, il motivo per il quale aveva di fatto accettato l'incarico. Ha fatto indubbiamente la sua parte anche la scarsa conoscenza di campionati diversi dal nostro sia dal punto di vista tattico che più semplicemente quotidiano, a partire dagli allenamenti finendo per la lingua straniera. Per questo adesso era alla ricerca di una panchina in Italia con cui potersi rilanciare ad alti livelli.
IL GENOA
È chiaro che accettare il Genoa - che in Italia è la squadra senza-progetto per antonomasia - significa dare effettivamente una svolta in questo senso. È una scelta in un certo anche sensata perchè succedere a Juric in questo momento significa avere comunque un certo margine di errore ed un certo lasso di tempo prima di finire ipoteticamente a processo. La rosa d'altronde c'è e se la confrontiamo con quella della passata stagione, per esempio, non è affatto male: la base tecnica per riportare il Genoa fuori dalla zona retrocessione in questa stagione non manca. Per questo il lavoro forse più importante che Prandelli dovrà fare sarà quello sulla testa dei giocatori, che finora hanno mostrato troppe amnesie e fragilità mentali (due espulsioni, un autogol e un'imbarcata in sei partite). In un certo senso dal punto di vista tattico, invece, non serviranno dei miracoli: forse solo un po’ di buonsenso che finora nè Ballardini (che non è mai riuscito a trovare l’adeguato equilibrio difensivo), nè Juric (che si è limitato a eseguire i dettami del Presidente) hanno messo in pratica. Per quanto è probabile che ci si discosti dal 352 attuale, è altrettanto probabile che non ci si inventi nulla di particolarmente nuovo dal punto di vista tattico e che anzi si punti su un modulo che garantisca una corretta occupazione degli spazi e al contempo una buona solidità difensiva in fase di non possesso. Ovviamente toccherà attendere qualche indicazione dallo stesso Prandelli in questo senso poichè le opzioni varate in carriera dal tecnico come detto sono state numerose e in un certo senso si adattano tutte abbastanza bene alla rosa attuale. Dalla gara di domani, con appena un paio di allenamenti alle spalle, è difficile che si possa già rivoluzionare la squadra dal punto di vista tattico, mentre qualche accorgimento sulle singole situazioni di gara (pressing, difesa posizionale, contropiedi) è lecito aspettarselo. Le ipotesi sono diverse: si parla molto del 433/451, ma ci sono anche il 442 - forse più razionale nel coprire il campo e, con interpreti simili a quelli della sua prima stagione alla Fiorentina, potrebbe essere la scelta ideale - e il 4312, che rimangono opzioni tutto sommato valide. La sensazione è che due possano essere gli aghi della bilancia per quanto riguarda la scelta del modulo: innanzitutto il ruolo di Pandev, che per stessa ammissione di Prandelli potrebbe tornare ad essere un po' più coinvolto nel progetto tecnico, il che significherebbe puntare con ogni probabilità sul 4312 ; molto poi dipenderà dalla posizione che Prandelli vorrà far ricoprire a Kouamè: al centro dell’attacco vicino a Piatek (442, 4312) per avere più presenza in area e fornire un’opzione in più in uscita dalla difesa - finora il suo lavoro sulle palle alte ad esempio è stato fondamentale - o spostato sulla fascia (433) per sfruttare le sue doti atletiche e lasciare più spazio a Piatek nella zona centrale del campo. Considerando anche le esperienze passate, è probabile che venga fatto anche più di un tentativo per trovare l’assetto ideale e che non bastino quindi un paio di giornate per parlare con sicurezza in ottica futura.
Come detto, per parlare degli uomini (e più approfonditamente anche degli schemi) ci sarà modo quando arriverà qualche notizia più concreta, con i possessori di Criscito, Biraschi, Romulo, Sandro, Kouamè e Piatek che possono comunque già stare ragionevolmente tranquilli. Nel corso della conferenza stampa di presentazione, per quanto riguarda i singoli, Prandelli ha tenuto a sottolineare l'importanza di Piatek e la necessità di sfruttare il più possibile le sue doti realizzative in fase offensiva:
"Non bisogna essere troppo dogmatici sui sistemi di gioco ma cercare di valorizzare i capitali che hai. Noi abbiamo il capocannoniere della Serie A e dobbiamo per forza di cose sfruttare questo capitale che è immenso. Dobbiamo avere un'organizzazione ma non essere dogmatici. Serve la capacità nel corso della partita di leggere le situazioni"
...e l'unione di intenti con Criscito e Pandev, il due leader carismatici della rosa del Grifone:
"Ho parlato con il capitano, con Pandev e abbiamo capito che assieme possiamo fare delle cose importanti e per me loro sono riferimenti importanti dentro e fuori dal campo"
Questa versione integrale della conferenza stampa:
A proposito di Günter e Criscito, già allenati al Galatasaray uno e in Nazionale l’altro, queste sono state le parole di Prandelli in un’intervista di settembre a pianetagenoa1893:
Prandelli, lei ha allenato per qualche mese Koray Günter al Galatasaray. Ci parla delle sue qualità umane?
«Un bravo ragazzo, molto serio, che ha sempre ambìto al miglioramento personale. Koray ha delle qualità importanti e sono certo che una squadra come il Genoa lo aiuterà a capire il calcio vero, quello strutturato sul lavoro quotidiano. Il Grifone ha fatto un grande acquisto in prospettiva»
Günter può rimpiazzare Izzo?
«Premetto che ho allenato Koray quattro anni fa: in questo periodo sono sicuro che ha fatto dei progressi. Il tedesco assomiglia a Izzo come stile di gioco, forse è un pò più preparato tatticamente. Sicuramente non è un difensore lento con la palla al piede»
Meglio in una difesa a tre o a quattro?
«É un falso problema. Davide Ballardini è un allenatore molto bravo a insegnare il calcio, sono certo che farà crescere Günter nel modo migliore»
Prandelli, lei è stato l’ultimo CT ad aver convocato Criscito in Nazionale…
«Sono felicissimo del ritorno di Mimmo in Azzurro. Se lo merita perché ha grandi qualità umane e tattiche. Inoltre Mancini lo apprezza avendolo avuto allo Zenit»
L'ho letto, volevo sapere se nel frattempo c'erano state conferme reali
da qwerty82 » 11/12/2018, 17:48
da italianboy8 » 11/12/2018, 17:51
da Kerz » 11/12/2018, 19:04
da Dieguito » 12/12/2018, 1:49
italianboy8 ha scritto:Chapeau a Dieguito per l'analisi su Prandelli! Molto utile e piacevole da leggere.
Oltretutto un Criscito terzino sinistro sarebbe una manna al fantacalcio, dove da centrale di sinistra è stato oggettivamente inutile.
qwerty82 ha scritto:salve esperti,
cosa fareste al posto mio con Favilli? ho in rosa Piatek...
grazie
Kerz ha scritto:Ho sia Radu che Marchetti in rosa, e come terzo portiere un titolare di un’altra squadra che si incrocia molto bene con i portieri del genoa... sto valutando di svincolare Marchetti e di prendere un terzo portiere titolare di una squadra piccola... secondo voi faccio bene nel senso che Radu ormai si può considerare senza dubbio il titolare del Genoa o sarebbe preferibile muoversi con maggior prudenza?
da Marrano11 » 12/12/2018, 2:02
da pincopallix » 12/12/2018, 7:41
Ci voleva, grazie, è durissima stare in squadra con un fenomeno.Marrano11 ha scritto:Mi ero ripromesso di non comprare più punte del Genoa..
Ma siccome mi piace troppo leggere dieguito ho detto a inizio campionato " cia' dai e compriamo sto Piatek"
Beh..
E cmq un grazie ogni tanto anche all'ottimo pincopallix
da Dieguito » 12/12/2018, 12:19
da Sergejmilinkovic89 » 12/12/2018, 14:18
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